Un grosso saluto a tutti voi cari amici,
Volevo ringraziarvi immensamente per i vostri commenti che ci hanno tenuto alto il morale e spinti ad andare avanti perché se anche non avevamo il collegamento, come per voi, Nicoletta ci teneva sempre aggiornato su tutto.
Grazie Nicoletta.
Innanzi tutto volevo sottolineare che il Pema ed il Nuru, non ci hanno mai abbandonato anzi, forse per la loro voglia di aiutarci il più possibile erano sempre un po' più avanti di noi, sono veramente forti e cercano sempre il meglio per noi, però sono umani anche loro e noi gli vogliamo gran bene.
Riassumendo un po' questa nostra avventura verso il campo 3:
Siamo partiti in una fredda ma splendida giornata del 27 aprile ( c'erano intorno ai -12 gradi alle 5:00 di mattina ) e come la prima volta abbiamo iniziato a risalire l'ice fall.
Eravamo molto carichi e freschi ed andavamo abbastanza veloci. Ormai attraversare un crepaccio su una scaletta o saltarli ( per quelli larghi massimo un metro ) era diventato una cosa naturale, come attraversare la strada che guardi a destra ed a sinistra. Tutto tra di noi aveva preso un'armonia perfetta: il primo che doveva attraversare la scaletta si assicurava, il secondo teneva in tensione le corde che fungevano da corrimano fino al completo attraversamento, poi il secondo si assicurava ed il terzo teneva rigide le corde e quando il secondo arrivava dalla sponda opposta teneva in tensione le corde fino a che il terzo non completava anche lui tutta l'operazione.
Insomma per farla breve dopo quasi 5 ore di cammino eravamo a poca distanza dal campo 1. Dovevamo attraversare una zona lunga un centinaio di metri dove il rischio valanghe era un po' più elevato, quindi abbiamo accelerato un po' il passo. Io e Fiorenzo siamo partiti a razzo mentre Carlo procedeva meno velocemente. Arrivati in una zona sicura ci siamo fermati ad aspettarlo. Ed è stata li la nostra fortuna perché quei 15 minuti di attesa potrebbero essere stati utili per la sopravvivenza di tutti.
Dalla nostra postazione si vedeva il campo 1 che distanziava di circa 150 mt e noi dovevamo attraversare due delle più temute scalette perché molto lunghe ed instabili, quindi attraversata la prima, Fiorenzo ha voluto riprendere l'attraversamento della seconda di tutti e tre. Con un sistema studiato appositamente, da vero professionista, si è legato la videocamera in modo da riprendere i suoi passi su quelle scalette instabili, arrivato dall'altra sponda ha ripreso il mio passaggio e nel momento in cui Carlo stava partendo un enorme boato alle nostre spalle ci ha fatto perdere l'equilibrio per qualche secondo.
Ci siamo subito girati, Fiorenzo sempre con la videocamera accesa, e ci siamo accorti che un enorme seraccata, vicino alla vetta del Nuptse, si era staccata e veniva giù in una parete praticamente verticale.
Sembrava distante, e per fortuna lo era, sembrava non creasse nessun problema, ma una volta toccato "terra" le sue polveri e blocchi di ghiaccio hanno iniziato a scendere verso il campo 1 creando un muro alto circa una trentina di metri.
Quando abbiamo visto le prime tende volare abbiamo capito che la situazione non era più così divertente. In mezzo a due crepacci Fiorenzo è stato il primo ad accorgersi della gravità e pur sempre riprendendo mi ha detto di assicurarlo, poi di buttarci per terra e coprirci bocca, naso, orecchie, insomma tutto perché la forza del vento creato sarebbe stata così forte che avrebbe spinto la neve ovunque. Carlo non ha mai attraversato una scaletta così velocemente per poi unirsi a noi in piena sicurezza. Il nostro super cameraman, invece, è rimasto immobile a riprendere questo immenso muro che ci veniva addosso, fino a pochi metri, poi si è buttato anche lui.
Tutto in un secondo è cambiato, è diventato buio quasi a notte, si faceva fatica a respirare quasi quel poco ossigeno dell'aria fosse scappato per la paura, il vento fortissimo ti spingeva verso il basso, non riuscivi a vedere il compagno a pochi centimetri da te, la neve ti piombava addosso e sentivi il suo peso aumentare vertiginosamente, il freddo iniziava a prenderti le mani usate per ripararti, non riuscivi a parlare per sentire gli altri come stavano, e così per tre lunghissimi minuti. Poi tutto ha iniziato ad attenuarsi ed è stato possibile sentire gli altri ma siamo rimasti sdraiati per altri due minuti abbondanti.
Poi tutto d'un tratto il vento è cessato, la neve sparita ed è tornata una bellissima giornata senza nuvole.
In una quasi risata isterica e scollandoci di dosso la neve, ci siamo rialzati abbracciandoci per lo scampato pericolo. Ma una volta arrivati al campo 1 ( nel frattempo il vento aveva ripreso insistentemente ) lo spettacolo non ci ha affatto rassicurato: sembrava essere esplosa una bomba, la maggior parte delle poche tende rimaste erano praticamente distrutte o piegate su loro stesse.
Noi fiduciosi, ( è impossibile che proprio la nostra sia volata era piena di attrezzatura!!! ) siamo arrivati fino alla fila dove avevamo posizionato la nostra tenda. Guarda la prima distrutta, seconda terza quarta distrutte ma ancora li, la quinta........... Il vuoto!!! La nostra tenda non era più al suo posto.. Ma come era possibile???? Dentro c'erano piccozze, materassini, sacchi a pelo, cibo, bombole del gas, fornelletti, pentole, bambù per fissare le altre tende, insomma tutto per poter andare avanti, senza quella tenda eravamo spacciati.
E noi tre fermi immobili a guardare quel piccolo spazio rimasto vuoto, ma che per noi era una voragine che ci stava ingoiando, consapevoli del fatto che saremo dovuti tornare a casa, mentre il vento ci soffiava addosso, come per marcare la nostra sconfitta ci faceva volare davanti a noi alcune tende come coriandoli a carnevale.
Poi Fiorenzo dice di aver visto una tenda una ventina di metri più in basso ma proprio a cavallo di un crepaccio in una posizione non proprio confortevole.
Le speranze in noi si sono riaccese e, una volta constatato che era proprio la nostra, ci siamo precipitati ad agire nella speranza che l'involucro interno della tenda non si fosse rotto e tutto il materiale sparso nel fondo del crepaccio.
Quindi senza pensarci più di tanto ci siamo procurati due fittoni ( che sono degli angolari in alluminio lunghi 50 cm per assicurare le corde ) una cinquantina di metri di corda, me la sono legata all'imbrago ed ho iniziato a scendere per il pendio mentre Fiorenzo e Carlo cercavano di assicurarmi nel minor tempo possibile. A metà pendio ho messo un fittone con un rinvio per aver una migliore sicurezza. Di sicuro il vento non dava una mano, alle volte bisognava fermarsi perché le raffiche alzavano talmente tanta neve che non si riusciva più a vedere.
Arrivato alla tenda, prima di tutto, ho constatato che era ancora intatta e tutto il materiale all'interno, poi posizionatomi a cavalcioni del crepaccio l'ho tirata fuori e messa in posizione da poterla legare. Dall'alto mi hanno lanciato l'altro capo della corda e con dei nodi di fortuna l'ho legata da poter permettere a Fiorenzo e al Carlo di issarla fino al piano sicuro.
Alla fine siamo riusciti a recuperare tutto ed esausti ma felici siamo ripartiti. Sono state molto più dure quelle due ore che ci hanno diviso dal campo 2 che tutto l'attraversamento dell'ice fall.
Arrivati al campo siamo stati accolti da una bevanda calda e da un buon pranzo-cena.
Il giorno dopo, come da nostro programma, siamo partiti per cercare di arrivare al campo 3 ma dopo due ore di cammino, arrivati alla base della salita con una pendenza di circa 55 gradi tutto su ghiaccio, sotto un fortissimo vento abbiamo deciso di non rischiare e di tornare al campo 2 per riposare e recuperare le energie.
Il recupero delle energie, a queste quote, è molto lento quindi abbiamo aspettato due giorni prima di partire. Il vento non ha mollato un secondo e noi abbiamo deciso di partire comunque.
Eravamo molto carichi e decisi quindi, anche se le raffiche ti facevano fermare e rannicchiare, se non volevi finire per terra per causa loro, siamo partiti con il Pema e il Nuru alla testa del gruppo. Questa volta, molto più forti, siamo arrivati alla base del "salitone" in un'ora e mezza per poi attaccare la parete in puro ghiaccio dove dopo sette ore e mezza dalla partenza da campo 2 siamo arrivati al campo 3. I ramponi hanno fatto perfettamente il loro lavoro, sentirli entrare dentro il ghiaccio, sentire la solidità della loro presa, vedere il segno bianco della punta penetrata nell'azzurro candido del ghiaccio immacolato hanno reso la salita assai verticale più viva e sicura psicologicamente per noi. "L'unico" grande e non trascurabile problema era il vento, che con le sue raffiche molto fredde superava anche i 100 km orari e che con la sua potenza smuoveva un sacco di pietre di svariate misure, che ti piombavano addosso con gran forza e a tratti se non ti aggrappavi più che bene poteva anche buttarti giù. Salire in queste condizioni significa fare pochi metri, una pausa forzata a riprender fiato e forze, per poi riprendere e fare altrettanti pochi metri. E via di seguito. Qui è la costanza e la convinzione a permetterti di mai mollare e puntare all'obiettivo, non tanto la forza dei muscoli. A 7 o 8 mila metri l' insegnamento è soprattutto questo! Arrivati al campo 3 siamo subito andati a raccogliere un po' di neve per fare le scorte d'acqua per il cibo e le bevande per la notte. Riempiti due sacchi di neve ( ci sono voluti quasi 20 minuti ) ci siamo rinchiusi in tenda perché stava iniziando a calare il sole ed il vento non dava segni di resa. Dopo un'ottima pasta e fagioli della Knorr ( c'è voluto quasi un'ora per prepararla ) e due litri di tè caldo, abbiamo cercato di dormire contro un fortissimo vento e la temperatura scesa sotto i -25.
La mattina seguente ( io sono riuscito a dormire abbastanza tranquillamente, gli altri un po' meno ) abbiamo aspettato il sole, poi ci siamo preparati e abbiamo iniziato a scendere in direzione del campo 2. Schivata la solita pioggia di sassi e pezzi di ghiaccio, con tutta calma siamo arrivati a destinazione. Oggi siamo partiti per tornare al campo base e una volta raggiunto l'ice fall ci siamo accorti di quanto in 5 giorni quest'ultimo si fosse mosso, praticamente quasi tutta la strada era completamente modificata, per noi tutta da scoprire.
Adesso tranquillamente seduto a tavola con un buon tè caldo vi auguro la buona notte augurandomi di non essere stato troppo noioso nel racconto di questa nostra avventura.
Un bacio a tutti
Andrea, Fiorenzo, Carlo